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Riordinare le emozioni

 

Il magico potere del fare chiarezza dentro di sé

di Michela Barucco,
allieva del secondo anno del corso di formazione triennale in Counseling professionale di Collage

Non sarebbe facile elencare tutte le “pratiche” che ho appreso in quasi due anni di scuola professionale di counseling, ma posso affermare con certezza che uno degli strumenti più preziosi è il “riordino delle emozioni”.


Credo che molti di noi possano dire di sentirsi spesso in preda alle emozioni, a volte forti, intense e incontenibili, altre volte più flebili, ma confuse e contraddittorie. Ma che cosa possiamo farcene?

Ho letto molte volte sui social consigli come “combatti la tristezza”, “supera la paura”, “elimina la rabbia”, oppure giudizi molto negativi su queste tre emozioni basilari, anche da parte di psicoterapeuti o esperti di spiritualità, e devo ammettere che reagisco sempre con un po’ di fastidio. Le emozioni non sono virus che entrano dall’esterno e ci posseggono per distruggerci, ma sono “roba nostra”, nascono dentro di noi in modo totalmente naturale anche se non sempre funzionale.

Nel mio percorso di studi e di crescita personale ho scoperto e verificato su di me che le emozioni non sono né buone né cattive, ma semplicemente “esistono”, “avvengono”, quasi al pari della fame o del sentire freddo o caldo. Le emozioni dicono cose di noi, del nostro carattere, di come affrontiamo la vita, viviamo le relazioni, reagiamo agli eventi e ci muoviamo nel mondo.
Anche il nostro rapporto con le emozioni dice cose di noi, dimostrando ad esempio se il nostro carattere è più razionale, istintivo o emotivo, ovvero se viviamo la vita “di testa”, “di pancia” o “di cuore”.

Fondamentale da questo punto di vista è stato sicuramente l’Enneagramma, una mappa dei caratteri che suddivide i tipi caratteriali in tre gruppi a seconda dell’emozione di base prevalente, ma mi ha aiutato tanto anche scoprire il “magico potere del riordino” delle emozioni, il metodo di Marie Kondo (l’esperta del riordinare la casa) applicato ai nostri cassetti interni invece che al comò.

Premetto che la rabbia è l’emozione prevalente del mio tipo caratteriale e che, come molti di coloro che mi conoscono sanno, sono sempre in contatto con essa e la manifesto liberamente, anche troppo. Questo però non esclude che io possa provare anche tristezza, paura e tutte le “sfumature emotive” ad esse collegate.

Amo l’efficacia e la densità di significato delle parole sfumature emotive, spesso utilizzate nella mia formazione, in quanto mostrano la possibilità che il mondo, gli eventi e le mie reazioni non siano sempre o bianco o nero, ma appunto di tonalità e gradazioni infinite.

Quante sfumature emotive conosciamo e sappiamo riconoscere? Ci siamo mai domandati ad esempio se ansia, fastidio, preoccupazione, eccitazione, inquietudine appartengono alle macro emozioni rabbia, paura o tristezza?
Non immaginavo quante persone sono talmente poco in contatto con le proprie emozioni da non sentirle, non riconoscerle e non saperle neanche chiamare con il loro nome… a cominciare da me!

La buona notizia è che è sempre possibile una “alfabetizzazione emotiva” e una ri-educazione alle emozioni che ci permetta di capire che cosa si “muove” dentro di noi, quali sono le nostre reazioni e in che modo reagiamo persino a una singola parola detta o a un singolo gesto dell’altro.

Il “riordino delle emozioni” è un modo efficacissimo per farlo.

Si comincia cercando prima di tutto un luogo silenzioso e un momento in cui possiamo stare da soli: il mio luogo preferito è l’auto, durante uno dei diversi spostamenti della giornata. Sono sufficienti anche solo 5-10 minuti, soprattutto dopo un po’ di pratica.
Consiglio caldamente di parlare ad alta voce… anche a costo di esser presa per pazza dagli altri automobilisti. Domandiamoci in modo chiaro e deciso “Come mi sento in questo momento?” E lasciamo che la nostra attenzione si soffermi prima di tutto su eventuali sensazioni fisiche: ho un peso sul petto, mi batte forte il cuore, ho il respiro corto e bloccato, ho una sensazione di vuoto, ho le spalle contratte… Un po’ come facciamo quando pratichiamo Bioenergetica!

Poi chiediamoci “Che cosa sento in questo momento?” e lasciamo che l’attenzione esplori quella matassa spesso aggrovigliata nel petto, o quella nebbia fitta nella testa, o quel fuoco nella pancia e diciamo chiaramente quello che man mano vediamo/sentiamo: “sono preoccupata, sono agitata, mi viene da piangere, vorrei gridare, non ho voglia di fare niente, sono demoralizzata, sono inquieta”.
Lasciamo scorrere le parole legate alle sensazioni fisiche, e se necessario contraddiciamoci, correggiamoci, aggiustiamo il tiro: “non sono proprio agitata ma sento un po’ di ansia, in realtà non sono demoralizzata ma sono un po’ triste, non sono inquieta ma forse arrabbiata…”.

Vedremo pian piano sempre più chiare e definite le emozioni e le loro sfumature, che erano già lì, ma che non riuscivamo a distinguere: “sono triste e delusa, ho paura di sbagliare e di non essere apprezzata, sono frustrata e arrabbiata, mi sento come se non ci fosse via d’uscita”. È così liberatorio dire SONO TRISTE! Sono arrabbiata!! E sai che c’è? Sono triste E arrabbiata!!!

È una vera epifania scoprire la molteplicità, la contemporaneità e la contraddittorietà delle emozioni e persino dei bisogni, dei desideri, delle opinioni che esistono in noi in un dato momento. Spiega tante cose! Spiega come è possibile ad esempio che si possa desiderare una relazione ma aver paura di perdere la propria indipendenza, essere tristi per un cambiamento ma provare gioia per la novità, sentire nello stesso identico momento rabbia, paura e tristezza.

Ora che siamo in contatto con le sfumature emotive siamo pronti per il passo successivo, un pochino più cognitivo: fare chiarezza. Domandiamoci “Perché sento queste emozioni?”. Sono arrabbiata con mia figlia perché non fa i compiti, sono triste perché non ho ricevuto un messaggio da una certa persona, sono preoccupata per le scadenze da pagare, sono in ansia perché so che dovrei fare quella cosa ma non ne ho voglia e continuo a rimandare, sentendomi in colpa. Questa è la fase più semplice, secondo me, forse perché abbiamo ormai superato la nostra resistenza iniziale, quella che ci impediva di sentire chiaramente le emozioni.

Ci renderemo conto che così facendo riusciamo a tenere vicini e in comunicazione i nostri tre livelli: corporeo, emotivo e cognitivo. Un po’ come succede quando, nei laboratori esperienziali che facciamo a scuola, siamo invitati a fare proprio questo: a entrare in contatto con le sensazioni, poi con le emozioni, poi con i pensieri, per poi integrarli. Probabilmente ci sentiremo già meglio, le emozioni potrebbero essersi placate, forse saremo più calmi e centrati: è il momento di provare a crescere un po’, utilizzando questa chiarezza e questa nuova consapevolezza per “creare”. Se abbiamo ancora del tempo domandiamoci “Che cosa posso fare per stare meglio?”.

Via libera alla fantasia! Esploriamo le possibilità, facciamo brainstorming affermando ad alta voce persino le proposte più assurde: è probabile che riusciremo a fare chiarezza anche cognitiva su come gestire i problemi e sulle possibili soluzioni: parlerò con mia figlia per stabilire insieme le regole, scriverò io un messaggio invece di continuare ad aspettare, proverò a chiedere aiuto economico o a posticipare la scadenza, non penserò più a questo problema fino a lunedì, andrò a casa e lo farò subito.

Ci siamo mai accorti che raramente accettiamo il consiglio di un’altra persona e lo mettiamo in pratica? Molto spesso facciamo l’opposto, chiediamo altri consigli, procrastiniamo o complichiamo ulteriormente la situazione. Questo perché non esiste un’unica soluzione corretta per i nostri problemi, tantomeno suggerita da qualcuno che vede dall’esterno solo una parte della situazione. Quindi esplorare le varie possibilità è una premessa fondamentale e imprescindibile per poter prendere una decisione valida. E per esplorare è indispensabile fare prima luce, fare chiarezza.

Mi rendo conto che, così facendo, quello che ho descritto è ANCHE ciò che avviene in una sessione di counseling, come infatti ci viene continuamente insegnato nella nostra formazione: il counselor non dice cosa fare e non dà consigli, ma accompagna le persone in un processo di esplorazione delle emozioni e di integrazione di testa, corpo e cuore per aiutarle a fare chiarezza e a vedere le possibilità. Spesso il cambiamento avviene da solo, quasi per magia. Provare per credere.

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