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Il Counseling in Italia

Dalle prime associazioni di categoria alla Legge 4/2013

Se il counseling in Italia nasce, per così dire, nell’ambito dell’assistenza sociale intorno agli anni Venti, i termini counseling e counselor vengono utilizzati solo a partire dagli anni Novanta, quando nascono le prime associazioni mirate a promuovere questa specifica relazione d’aiuto e a regolamentarne l’esercizio. 

In realtà le prime iniziative assistenziali formalmente costituitesi nel 1929 avevano un carattere prettamente filantropico e volontario, e se all’inizio degli anni Trenta sono nate le prime scuole convitto, esclusivamente femminili, per assistenti sociali e circa venti anni dopo hanno cominciato a svilupparsi degli istituti aperti anche a diplomati di sesso maschile, erano forme di aiuto che si possono dire affini ma ancora avevano poco a che fare con la relazione d’aiuto professionale che oggi chiamiamo counseling.

Ed è solo intorno agli anni Settanta che alcune scuole di formazione in psicoterapia iniziano a formare figure professionali orientate alla relazione e centrate sull’individuo, pur non avendo ancora una definizione di competenza.

Nel maggio 2000, negli elenchi del IV Rapporto di monitoraggio sulle Associazioni rappresentative delle Professioni non regolamentate del Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro (CNEL) sono riportate per la prima volta due associazioni di counseling: l’Associazione Internazionale Counseling (AICo) e la SICo. Nel corso del decennio ne nascono altre e nel 2009 nasce AssoCounseling, destinata a diventare l’associazione trainante per tutta la categoria.

Se infatti il counseling in Italia non è una professione regolamentata (è cioè priva di un Ordine professionale e lo Stato non ne detta i requisiti minimi per il suo esercizio, differentemente da quanto avviene per le così dette professioni regolamentate come quelle di architetto, medico, ingegnere, ecc.), il 14 gennaio 2013 il Parlamento italiano ha varato la Legge n° 4 (Disposizioni in materia di professioni non organizzate) che offre ai singoli professionisti la possibilità di farsi rilasciare da una associazione professionale di categoria un attestato di qualità e di qualificazione professionale dei servizi, ai sensi appunto dell’art. 4 della L. 4/2013.

Questa nuova legge, normando le associazioni di categoria – quelle di counseling comprese -, ha di fatto rivoluzionato il mondo del lavoro e ha permesso, come precisato dall’art. 7 della L. 4/2013, di tutelare i consumatori e di garantire la trasparenza del mercato dei servizi professionali.

Le associazioni professionali possono infatti rilasciare ai propri iscritti, previe le necessarie verifiche e sotto la responsabilità del proprio rappresentante legale, un’attestazione relativa:
– alla regolare iscrizione del professionista all’associazione;
– ai requisiti necessari alla partecipazione all’associazione stessa;
– agli standard qualitativi e di qualificazione professionale che gli iscritti sono tenuti a rispettare nell’esercizio dell’attività professionale ai fini del mantenimento dell’iscrizione all’associazione;
– alle garanzie fornite dall’associazione all’utente, tra cui l’attivazione dello sportello utente;
– all’eventuale possesso della polizza assicurativa per la responsabilità professionale stipulata dal professionista.

Va detto peraltro che il possesso di un attestato rilasciato da un’associazione professionale non rappresenta un requisito indispensabile per l’esercizio dell’attività di counseling: l’iscrizione a un’associazione è infatti libera e non obbligatoria, a differenza di quanto prescritto per le professioni ordinistiche regolamentate. Ma è chiaro che iscriversi a una associazione di categoria permette all’iscritto di essere inserito in una cornice professionale, che ne garantisce la formazione e lo mette in condizione di rispettare un preciso Codice Deontologico, tutelando il cliente.

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