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Oggi è il team, piuttosto che il singolo individuo, a essere considerato l’elemento costitutivo delle organizzazioni. L’innovazione necessaria e la capacità di rispondere alle richieste di prodotti/prestazioni/servizi sempre più complessi passano per la co-costruzione a più mani e i contributi creativi di più persone diventano un plus impareggiabile.
È ormai ampiamente riconosciuto che emozioni e relazioni impattano significativamente su ogni aspetto della vita lavorativa e questa consapevolezza sta modificando lo stile di management, che sempre più attribuisce importanza a quelle soft skills in grado di creare ambienti di lavoro migliori da più punti di vista.
Nelle realtà più evolute la leadership diventa una funzione condivisa, basata sulla fiducia reciproca e la relazionalità: l’effetto è anche quello di generare continui apprendimenti on-the-job di persone e gruppi e di mantenere l’impresa agile e creativa. Alla base c’è l’esperienza collaudata che se le persone e i gruppi si sentono riconosciuti e valorizzati per il proprio contributo specifico danno il meglio e rispondono con un forte senso di appartenenza e corresponsabilità.
Che si tratti di grandi aziende, di PMI o di organizzazioni non profit le condizioni più ampiamente diffuse oggi sono di un forte carico di lavoro, orari spesso straordinari, crescenti e pressanti richieste e frequenti scadenze urgenti.
Non è raro che i lavoratori esprimano un forte senso di solitudine, di scarso riconoscimento e basso potere.
La dimensione gruppale può creare occasioni di incontro rigeneranti tra le persone e far emergere nuove energie: è il luogo ciascuno può dare il proprio contributo, sentendosi utile e radicando l’appartenenza all’organizzazione.
Sappiamo ormai che leadership centrate su singole persone tendono a inibire queste possibilità: il nuovo movimento di arretrare per far avanzare il gruppo è una svolta evolutiva per molte realtà ancora da scoprire.
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