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Una mappa per tornare a casa

 

Viaggio dentro di me con l’Enneagramma

di Silvia Simonetti,
allieva del primo anno del Corso triennale di formazione in counseling professionale di Collage Counseling

Persa dentro me stessa. Non so più chi sono. Non ricordo la direzione, sono come uno zero.
La testa tra le mani, in attesa di una buona intuizione.

La mano destra è un pugno chiuso. Contiene un pezzo di carta stropicciato. Lo dispiego con curiosità. Uno strano simbolo, una stella, un triangolo, dei numeri e la scritta ENNEAGRAMMA. E sotto un invito: “Diventa ciò che eri, prima di essere, con il ricordo e la comprensione di ciò che sei diventato… Entra e il tuo carattere sarà rivelato”. Non capisco. Sempre più confusa. È una mappa… Per trovare cosa? Per andare dove?

Innervosita, restituisco la forma stropicciata all’inutile pezzo di carta e lo scaravento lontano. Ma cade proprio davanti ai miei piedi.
Lo riprendo, lo riapro, lo giro, lo rigiro, lo appoggio e lo apro bene. Percorro la circonferenza del simbolo e le linee che formano la stella. Ascolto l’inchiostro sotto il dito. C’è forza, pressione, vibrazione. Ritraggo la mano. Affascinante. Provo con il centro del triangolo. La forza è diversa. La figura vibra, si illumina. Non posso fare a meno di notare come la temperatura sotto il polpastrello cambi passando da un numero all’altro. Chiudo il giro sul Nove e poi… buio.

Una luce debole sotto i piedi. Qualcosa però scintilla, sembrano lucciole. La stella a nove punte illumina l’intera stanza e comincia a girare vorticosamente sotto di me. Sono in balia della rotazione. La stella si inclina, scivolo verso il basso, cerco appiglio.
Appesa alla circonferenza con il vuoto sotto, mi allungo, afferro l’Uno che si illumina e compare la scritta “Il Perfezionista”. Non ho tempo di pensare, vengo inghiottita.
Mi vedo. Sono a casa, immersa tra le mille cose da fare. Da fare tutte, da fare bene. Il lavoro, le bambine, i compiti, la spesa, cucinare, lavare, studiare… Non hanno nemmeno riordinato le loro cose! Vorrei fosse tutto perfetto. Quante volte ti ho detto che il contenitore dei pennarelli va messo sulla mensola e non nel cassetto!
Ascolto quella voce… severa, familiare. Ha ragione. Serve impegno, precisione, organizzazione. Così non va, le bambine richiedono qualità. E il lavoro, poi, non lo troverai mai. Appena ho un momento libero, mi metto tranquilla e penso bene a come fare per migliorare tutto. Un tutto che mi innervosisce. Stringo i denti. Non voglio arrabbiarmi. Non devo arrabbiarmi. Non posso arrabbiarmi. Potrei esplodere se me lo concedessi. Non lo faccio mai, non cambia nulla. Nervoso, calore che sale, la gola aperta, la rabbia esce e con essa tutte le emozioni peggiori. Poi la guardo, la rabbia: non è così terribile… la ringrazio, l’accetto, è roba mia, parte di me.

Avvolta da una serenità inaspettata, vengo di nuovo catapultata sulla stella che gira lenta. L’Uno si spegne e senza pensare mi scaravento dritta sul Due, “Il Donatore”.
Mi ritrovo piccola. Aiuto la mamma presa a fare mille cose. Vorrei tanto giocasse un po’ di più con me, ma la capisco. Sento che è stanca, affaticata, ha bisogno di me. La cosa importante è aiutarla. Così, può contare sempre su di me e mi amerà sempre per questo. Le dono il mio aiuto, lei è contenta, mi dice che sono brava e io sono felice. Quando non ho molta voglia di aiutarla, divento triste al pensiero che lei possa smettere di amarmi se non le do una mano. A volte penso a quanto sarebbe più autentico il mio aiuto se non pretendessi in cambio l’affetto di mamma. Ma sono una bambina e voglio solo essere amata.

La tristezza e i ricordi mi assalgono, la stella mi accoglie ancora. Il Due si spegne ed è la volta del Tre, L’Esecutore”. Ora so cosa devo fare e senza esitare lo afferro decisa.
Esame di maturità: devo dare il meglio, il massimo. Non posso fermarmi, devo studiare. Devo diplomarmi con il massimo dei voti, mio padre sarà così orgoglioso! Non posso rischiare di deluderlo come è successo l’anno scoro, non posso fallire, non posso perdere la sua stima. Il risultato di questo esame è fondamentale e rappresenterà il mio vero valore. Se eseguo bene il compito sarò vincente e degna di rispetto ed è questo che voglio. Il mio voto sarà il più alto dell’intero Istituto. Posso farcela, ho energia in quantità smisurata e mi sento talmente carica che appena finisco mi occupo del giardino, così anche mamma si complimenterà con me e mi lascerà uscire con Fabry stasera. Che mi riempirà di coccole appena vedrà la minigonna che ho preso per lui. Adora le minigonne! La tristezza però riemerge più forte di prima. Osservo la minigonna, nulla di così pazzesco. Cosa ci trova Fabry di così eccitante? E mi viene da chiedermi se a me le minigonne piacciano davvero…

Ora la stella gira a più non posso. La me adolescente e la minigonna si allontanano fino a sparire. Mi tuffo sul Quattro luminoso sotto di me. Il suo titolo, “Il Romantico-tragico”, non promette nulla di buono.
Un letto, il soffitto, la luce del sole che filtra fastidiosa dalla persiana chiusa. Il vuoto più ampio dentro me. Dentro lo stomaco. Sono sola, abbandonata. Ancora. Ho dato tutta me stessa, tutto il mio amore profondo, mi sono annullata per lui. Ho compromesso la mia vita, la mia reputazione, per il nostro amore, per la nostra relazione. Ci ho creduto così tanto che ora nulla ha più senso. Sto malissimo e voglio stare così perché me lo merito e il pensiero di farla finita mi assale, come fosse l’unica valida soluzione. Perché è andata cosi? Sono inadeguata, per questo non mi cerca, per questo non mi ama. Ora mi osservo e penso che ci ho messo anni a uscire da tutto questo schifo. Mentre la stella mi richiama a sé, mi guardo in quel letto sola e mi faccio tenerezza. Mi ringrazio. Lentamente e con fatica ho scelto di camminare verso qualcosa di davvero prezioso: me stessa.

Il vento è fortissimo sulla stella. Mi stringo forte e vado incontro al Cinque, “L’Osservatore”.
Di nuovo io, delusa, violata, fragile e vulnerabile. Ho paura di essere ferita ancora. Voglio riparo, protezione. Ora è diverso, la solitudine è qualcosa che cerco per difendermi e per ascoltare ciò che voglio davvero. Ho bisogno di distanza, di osservare e proteggere ciò che ho e che di me è rimasto intatto. La natura è il mio miglior rifugio, sono a casa. Una dimensione che mi mette in contatto con le emozioni, permettendomi di vedere come stanno le cose realmente. Ho paura.

Mentre la confusione aumenta sempre più passo dal Cinque al Sei, “Lo Scettico leale”, senza quasi rendermene conto.
Questa volta ho davanti sua moglie. Mi distrugge con lo sguardo e il suo odio per me ha un odore così forte che la paura mi assale rapida, dai piedi alla testa. Vorrei girarmi, cambiare strada, abbassare lo sguardo. Ho rimandato tante volte. Che cosa succede? Il mio corpo non si blocca e vado dritta verso di lei. La guardo negli occhi senza far trapelare timore. Mi ha minacciata così tante volte, devo stare pronta a un suo attacco. Non mi fido, si vendicherà. Voglio parlarle, è importante che lei sappia come sono andate le cose. Mi riempirà di insulti ma io credo nella mia verità.

Ingoio la paura come fosse una caramella e mi chiedo dove mi porterà la stella adesso.
Il Sette, “L’Epicureo”, è veloce, impaziente. Sono io, mentre passo da una tecnica di guarigione all’altra senza approfondirne nessuna. Come per il canto e il teatro, la pittura su tessuto e l’animazione per bambini. Resto sempre sulla superficie, senza approfondire e con la presunzione di sapere tutto. Immagino di fare cose incredibili con queste conoscenze e in un attimo mi sono già iscritta a un nuovo workshop di crescita personale. Il dolce della caramella fa riaffiorare l’amaro della paura di sentire.

Voglio andarmene, ma il giro non è ancora finito. Mi faccio portare dall’Otto, “Il Capo“, in un altro angolo di me, divisa tra tristezza e paura. In un angolo che fatico a riconoscere, quello della rabbia. Rabbia che io, però, tendo a non voler sentire e fatico a esprimere.
Nessuna memoria, nessun vissuto. Un biglietto, indirizzato a me: “Ognuno ha la propria verità. Imporre la tua con forza crea terra bruciata. Apriti con spontaneità alla vita, ama i confini della tua energia, proteggi il tuo cuore con fiducia”. Il tuo Capo Otto. Infilo il biglietto nella tasca… capirò? Che cosa vuole trasmettermi il mio “capo”, quell’energia intensa, a volte eccessiva, che mi sento dentro in certi momenti… e mi spinge all’azione con il suo impulso?

Il Nove, “Il Mediatore”, intanto mi attende.
Ancora, sempre, io mentre cerco di confermare i “sì” condensati in una giornata. Passo da una richiesta all’altra senza riuscire a vedere che cosa è prioritario. Esteriormente serena, sembra che abbia tutto sotto controllo. Dentro sono tempesta. Mi sento parte di tutte quelle richieste, provo ad accontentarle anche se mi sembra di non avere combinato nulla. Fermarsi significherebbe spegnere l’entusiasmo e fare i conti con qualcosa che richiede ancora maggior sforzo. I miei bisogni: ma quali sono?

Sfinita, con la mappa stropicciata tra le mani, ho concluso lo strano viaggio dentro me. O forse l’ho appena iniziato?
Mi sono attraversata, mi sono ripercorsa trovando tracce di me a ogni tappa, in ogni carattere. Li sento tutti, quei caratteri, come se pulsassero all’unisono. Talvolta prevale uno, talvolta un altro, ma li sento e mi vedo mentre “sono” tutti quei caratteri così unici e preziosi. Vorrà pur dire qualcosa… Li accolgo, mi accolgo e sono a casa.

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