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L’Enneagramma mi ha cambiato la vita

 

Ho smesso di essere un riccetto pungente…

di Guia Bazzoni
allieva del terzo anno del corso triennale di formazione in counseling professionale di Collage Counseling

Ho letto il testo di Claudio Naranjo sui 27 “personaggi in cerca dell’Essere”* – lettura obbligatoria al terzo e ultimo anno della mia formazione in Counseling – con enorme passione ed entusiasmo e, certamente, carica di aspettative perché l’Enneagramma ha per me un grande valore. Questa mappa ha reso visibile l’invisibile, ha reso tangibile e concreto ciò che era solo una sensazione, ha liberato un filo che era un groviglio incastrato nel mio cuore.

Pur trovando difficile la scrittura di Naranjo, questo testo è scivolato via con grande facilità, complici gli interventi dei 27 coautori che me lo hanno fatto sentire vivo e in movimento.

Leggere questo approfondimento sui caratteri è stato davvero interessante: conoscevo già l’argomento ma, metaforicamente parlando, leggere questo libro è stato come essere stata invitata a sedermi nel salotto di 27 persone e avere il privilegio di ascoltare il racconto della loro vita, di come loro vedono il mondo, sentire il loro modo di affrontare dolori, paure, conflitti, relazioni e tutto questo in totale ascolto, un po’ come quando, nella modalità di condivisione in diadi appresa a scuola, A parla dei propri vissuti e B ascolta senza interferire.

Resto sempre sorpresa, affascinata, da come questa mappa sia in grado di descrivere l’umanità in modo così profondo e intimo, ne sento un grande potenziale per la mia crescita personale e per il mio futuro professionale, forse perché è vivido in me il ricordo degli insight che l’identificazione nell’enneatipo 4 mi ha permesso di avere. L’Enneagramma mi ha cambiato e mi sta cambiando la vita perché ogni volta che mi ci avvicino scopro cose di me del tutto nuove, che sono sempre un tassello verso l’ammorbidimento dei miei aspetti nevrotici.

Cogliendo spunto da Erving Polster, se “ogni vita merita un romanzo” credo che ogni romanzo meriti una vita, e per vita intendo un’esperienza-di-vita. È così che mi avvicino a un libro, qual che sia: permettendomi la possibilità di fare un’esperienza e mettendo a disposizione del libro stesso la mia vita.

 

Questa volta è stato un po’ come prendermi per mano e camminare nei terreni della mia esperienza-di-vita.

Ammetto che, mentre leggevo, quando sono arrivata alla descrizione dei sottotipi dell’E4 mi sono detta: “li conosci, saltali, al massimo te li guardi alla fine”. E l’ho fatto con una naturalezza tale che quando mi sono messa a scrivere le mie riflessioni sul testo mi sono accorta di non esserci più tornata… ed è stato lì che mi sono presa per mano e sono andata a esplorare ciò che inconsciamente non avevo avuto voglia di vedere.

Annie Chevreux, autrice del capitolo sul tipo 4 sessuale, descrivendo il 4 odio e la sua possibile trasformazione mi ha fatta accomodare in un salotto talmente familiare che, quasi quasi, mi è parso di essere nel mio. Mi sono sentita le budella attorcigliate, ho avuto un senso di nausea per tutta la durata della lettura e dentro di me ho sentito la lotta intestina tra il disprezzo e il desiderio di compassione. Non so bene che cosa mi abbia colpito di più: forse proprio il movimento sintonico e accordato con le sensazioni dell’autrice, ma di certo ho sentito il dolore profondo che mi procura l’eccesso di rabbia e quello che lei definisce caos (mai parola fu più appropriata per descrivere quel moto di rivoluzione interiore ed esteriore).

“L’E4 sessuale si rammarica, si lamenta, non è soddisfatto, soffre molto ma non si lascia toccare completamente da ciò che fa male”.

Ho sempre pensato che arrabbiarmi fosse un modo per contattare il più intensamente possibile il dolore, ho sempre chiamato “disperata” la mia rabbia, e questo mi rimanda a quando qualche mese fa ho iniziato un percorso con una psicologa che durante un colloquio mi ha detto qualcosa che suonava all’incirca così: “Vede, Guia, insieme proveremo ad andare a incontrare, a toccare quel dolore che lei si nega di sentire”.

In quel preciso istante ho creduto di essermi imbattuta nell’ennesima persona arida e, nel suo caso, incompetente, che non aveva capito nulla di me e che probabilmente non aveva la sensibilità e l’esperienza-di-vita per farlo (perché avrà avuto sicuramente una vita più facile della mia!) e che sarei stata vittima di un ennesimo tentativo fallito di risolvere il mio problema… grazie alla sua pochezza, ovviamente.

La verità, talvolta, è molto scomoda e dolorosa e questa povera dottoressa (a mia discolpa posso dire che le ho poi confessato tutto) che ho massacrato nella mia testa aveva ragione: faccio fatica, faccio una fatica enorme a stare nel mio dolore e arrabbiarmi è un modo per cacciarlo via con tutta la violenza di cui sono capace.

Ho tanto pianto leggendo che la compassione è proprio la chiave di volta per trasformare tutto l’odio inflitto e auto inflitto. Ho pianto perché recuperare la compassione per me vuol dire uscire dalla visione di me vittima di un mondo in cui mi imbatto solo in carnefici, vuol dire uscire dalla complessità per abbracciare la semplicità, ma soprattutto vuol dire sentirmi degna di amore. Quell’amore che io invece (altra recente scoperta) respingo con tutte le mie forze, per poi poter cavalcare il cliché della mancanza e del rifiuto.

Concludo con una riflessione sulla paura. È un’emozione che non ho mai sentito familiare, tanto da non saper definire di preciso che cosa mi fa paura, ma credo che Annie Chevreux abbia centrato totalmente e mi abbia illuminata su quale sia la mia paura più grande: diventare trasparente. “L’E4 ha paura di dissolversi nel mondo, di perdere il proprio posto, di sparire”.

Grazie all’Enneagramma, ancora una volta, ho trovato la strada da percorrere per diventare più morbida e non andarmene in giro come un riccetto pungente, come il protagonista di un famoso spot di Natale 2018 (https://www.youtube.com/watch?v=2tIvISN1o8U)

* Claudio Naranjo, Esperienze di trasformazione con l’Enneagramma. Un’analisi dei sottotipi, Astrolabio, Roma 2015

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